Il Piano di Manutenzione dell’Opera quale vero strumento di progetto
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La Storia Normativa: Dall’Art. 38 DPR 207/2010 all’Allegato I.7 Codice Contratti Pubblici del 2023
Per noi tecnici, il riferimento concettuale e strutturale del PdM è sempre stato l’Articolo 38 del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, che definiva il Piano come “il documento complementare al progetto esecutivo”. Nonostante questo articolo sia stato formalmente abrogato con l’entrata in vigore degli atti attuativi del D.Lgs. 50/2016 (ma se lo cercate su “normattiva” ve lo indica come attualmente vigente), la sua struttura è rimasta la base operativa per anni.
Oggi, con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (il nuovo Codice dei contratti pubblici), l’istituto del Piano di Manutenzione è stato definitivamente riorganizzato. Troviamo il suo contenuto, per i lavori pubblici, nell’Allegato I.7, che disciplina i livelli e i contenuti della progettazione.
L’evoluzione più interessante non è tanto nella struttura finale, che resta sostanzialmente immutata, quanto nel posizionamento:
• Il Codice prevede che il Progetto Esecutivo (PE) sia corredato dal Piano di manutenzione dell’opera per l’intero ciclo di vita, in coerenza con quanto stabilito dall’Allegato I.7, Articolo 27.
• Ancora prima, nella fase del Progetto di Fattibilità Tecnica ed Economica (PFTE), l’Allegato I.7 richiede già un Piano preliminare di manutenzione dell’opera e delle sue parti.
Questa progressione normativa, che impone una riflessione sulla manutenzione fin dalla fattibilità, conferma che il PdM è un progetto da eseguire, tanto quanto i disegni esecutivi, e che la sua redazione richiede l’applicazione di conoscenze specialistiche e che quindi non può non essere il frutto dell’applicazione di un professionista tecnico, tipicamente ed idealmente lo stesso progettista
Quando è obbligatorio produrre il piano (nel pubblico e nel privato)
Riguardo all’obbligo della redazione del PdM c’è molta differenza tra pubblico e privato, fatto salvo il concetto che questo è un documento utile a prescindere dalla sua obbligatorietà, ovviamente se redatto con coerenza e attenzione.
Nelle opere pubbliche è sempre obbligatorio, tanto è che fa parte dell’attuale Codice dei Contratti Pubblici (d.lgs. 36/2023) in quanto considerato ormai strumento essenziale per pianificare e tenere sotto controllo le spese future del bene.
Negli edifici privati, la legge obbliga alla redazione del piano per quanto riguarda la manutenzione e la sorveglianza nel tempo delle strutture dell’edificio, per garantirne la funzionalità e, quindi, la sicurezza nel tempo. Tuttavia, non vi sono altre norme che esplicitamente obbligano a produrre un piano di manutenzione per edifici privati al di fuori dell’ambito strutturale.
Tuttavia, occorre porre l’attenzione ad alcuni aspetti che possono essere considerati incidentali: il DM 37/08 che regolamenta l’esecuzione e la manutenzione di tutti gli impianti nell’edificio espressamente prescrive, all’art. 8 comma 2, che Il proprietario dell’impianto adotta le misure necessarie per conservarne le caratteristiche di sicurezza previste dalla normativa vigente in materia, tenendo conto delle istruzioni per l’uso e la manutenzione predisposte dall’impresa installatrice dell’impianto e dai fabbricanti delle apparecchiature installate. Dalla definizione normativa non emerge espressamente il riferimento ad un Piano di Manutenzione ma poco ci manca.
Quando è obbligatorio aggiornare il piano
Nel Codice degli Appalti è previsto obbligatoriamente l’aggiornamento del piano ad ogni intervento che va a modificare l’edificio. Ciò ha la sua logica, poiché il Piano può (anzi, deve) scendere molto nel dettaglio anche semplicemente di come sono collocati gli elementi di un impianto all’interno dell’edificio, dunque è naturale che intervenire ad esempio sulla posizione di uno split dell’aria condizionata necessita dell’adeguamento del Piano.
In questo caso è importante che il professionista che interviene nell’edificio già costruito possa avere a disposizione la documentazione editabile del piano originario, altrimenti, dover redigere da capo un nuovo piano solo per aggiornare un documento preesistente non modificabile rischia di essere una operazione tecnica molto più complessa e costosa che non il semplice intervento.
Negli edifici privati, l’obbligo di modifica appare seguire la stessa logica, anche se non vi sono norme che esplicitamente evocano tale necessità.
Funzione e Natura del Piano di Manutenzione
Il Piano di Manutenzione (PdM) è, per definizione, un documento complementare al progetto esecutivo. La sua funzione è chiara: prevede, pianifica e programma l’attività di manutenzione, tenendo conto di ciò che è stato effettivamente realizzato.
Qual è l’obiettivo finale? Mantenere nel tempo la funzionalità, le caratteristiche di qualità, l’efficienza e il valore economico dell’intervento. In pratica, è l’assicurazione sulla vita di un edificio.
I Tre Elementi Essenziali: frutto di una consapevole scelta progettuale
Il Piano di Manutenzione si articola in tre documenti operativi fondamentali:
1. Il Manuale d’Uso (MDU)
2. Il Manuale di Manutenzione (MDM)
3. Il Programma di Manutenzione (PDM)
Il contenuto di questi documenti è differenziato in base all’importanza e alla specificità dell’intervento.
1. Il Manuale d’Uso (MDU): educare all’utilizzo corretto
Il Manuale d’Uso è rivolto all’utente non specializzato. Il suo scopo primario è fornire tutte le informazioni necessarie per la migliore utilizzazione del bene e per limitare i danni dovuti a un uso improprio.
I contenuti essenziali includono:
• La rappresentazione grafica e la descrizione.
• Le modalità di uso corretto (contiene anche istruzioni di base per l’uso di impianti complessi, come climatizzazione o eventuale impianto domotico).
• Gli elementi per riconoscere tempestivamente fenomeni di deterioramento anomalo (per sollecitare l’intervento specialistico).
2. Il Manuale di Manutenzione (MDM): la guida per lo specialista
Il Manuale di Manutenzione è la guida tecnica per il personale specializzato. Fornisce le indicazioni necessarie per la corretta manutenzione in relazione alle diverse unità tecnologiche e alle caratteristiche dei materiali o dei componenti.
Deve contenere:
• La descrizione delle risorse necessarie per l’intervento manutentivo (attrezzature, materiali).
• Il livello minimo delle prestazioni sotto il quale l’opera è considerata non conforme.
• L’elenco delle anomalie riscontrabili.
• La distinzione netta tra manutenzioni eseguibili dall’utente e manutenzioni da eseguire a cura di personale specializzato.
3. Il Programma di Manutenzione (PDM): pianificazione temporale
Il Programma di Manutenzione (PDM) definisce le cadenze prefissate per la corretta gestione del bene nel corso degli anni. Stabilire le cadenze e le priorità è l’elemento cruciale di pianificazione e programmazione.
Si articola in tre sottoprogrammi, che sono altrettanti progetti nel tempo:
1. Sottoprogramma delle Prestazioni: Stabilisce come le prestazioni del bene si evolveranno durante il suo ciclo di vita.
2. Sottoprogramma dei Controlli: Definisce il programma delle verifiche per rilevare il livello prestazionale (qualitativo e quantitativo).
3. Sottoprogramma degli Interventi di Manutenzione: Riporta in ordine temporale i differenti interventi di manutenzione.
Il PdM è un Progetto. Trattiamolo come tale.
Il Piano di Manutenzione è il manuale di istruzioni strategico della nostra architettura. Deve essere regolarmente aggiornato in fase di esecuzione lavori, a cura del direttore dei lavori, in base alle scelte effettuate in fase di realizzazione e alle eventuali varianti. Questo assicura che tutte le informazioni necessarie per la manutenzione e la gestione dell’opera ultimata siano disponibili al momento della consegna.
Proprio come ci assicuriamo che la destinazione d’uso urbanistica sia coerente con la catastale, dobbiamo garantire che il progetto di manutenzione sia coerente con l’opera costruita. Questa visione progettuale garantisce efficienza, risparmio e getta le basi per la futura riqualificazione energetica.
Il Piano di Manutenzione è la dimostrazione che il mestiere del tecnico progettista non finisce alla consegna delle chiavi, ma prosegue nell’arco temporale di vita dell’opera stessa, ed anzi ne deve saper prevedere la vita per il futuro.